Il TFR è una somma che il lavoratore dipendente accumula nel corso della propria carriera e che viene corrisposta al termine del rapporto di lavoro.
In questo articolo analizzeremo innanzitutto cos’è il TFR e quale normativa ne regola il funzionamento, per poi approfondire il suo calcolo e il meccanismo di rivalutazione nel caso in cui venga lasciato in azienda.
Esamineremo poi il trattamento fiscale del TFR, evidenziando come sia soggetto a una tassazione separata, calcolata sulla base delle aliquote medie applicate negli anni precedenti alla cessazione del rapporto di lavoro.
Vedremo anche come può essere gestito il TFR, esplorando le opzioni e gli obblighi a carico di lavoratori e aziende nella sua destinazione, considerando questo accantonamento come un vero e proprio “progetto per il futuro”.
Spiegheremo quindi dove è possibile reperire i dati relativi al proprio TFR, sia quello maturato che quello accantonato mensilmente.
Infine, analizzeremo i motivi per cui la scelta di destinare il TFR al fondo pensione negoziale previsto dal proprio CCNL rappresenta l’opzione più vantaggiosa dal punto di vista previdenziale, finanziario e fiscale.
Indice dei Contenuti
Cos’è il Trattamento di Fine Rapporto (TFR)?
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è una somma che il datore di lavoro accantona ogni anno per ciascun dipendente. Si tratta di una vera e propria forma di “retribuzione differita”, ovvero di una parte dello stipendio che non viene erogata subito, ma viene accumulata e versata al lavoratore al termine del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla causa (dimissioni, licenziamento o pensionamento).
Semplificando, si può pensare al TFR come a un “salvadanaio” che si riempie progressivamente nel corso degli anni di servizio presso un’azienda. Ogni mese, il datore di lavoro accantona una quota della retribuzione lorda del dipendente, che verrà poi liquidata interamente alla cessazione del rapporto di lavoro.
Questo accantonamento è obbligatorio per legge ed è disciplinato dall’articolo 2120 del Codice Civile. Esso rappresenta una forma di tutela economica pensata per garantire al lavoratore una risorsa aggiuntiva nel momento in cui non sarà più impiegato presso quella specifica azienda.
Come si calcola il TFR: formula e rivalutazione
Il calcolo del TFR si basa sulla retribuzione annua del lavoratore (RAL): l’importo è determinato dall’accantonamento, per ogni anno di servizio, di una quota pari al 6,91% della retribuzione annua e dalle relative rivalutazioni.
Come previsto dal Codice Civile, il TFR si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5.
Possiamo quindi considerare il TFR come una “mensilità aggiuntiva” che viene accantonata ogni anno e corrisposta al termine del rapporto di lavoro.
L’importo così determinato viene rivalutato annualmente per proteggerlo dagli effetti dell’inflazione, ossia l’aumento generalizzato dei prezzi che riduce il potere d’acquisto, cioè quanti beni è possibile acquistare con una determinata quantità di soldi.
La rivalutazione si basa su un coefficiente composto da due elementi:
- una parte fissa dell’1,5%;
- una parte variabile pari al 75% dell’inflazione registrata nell’anno precedente, calcolata in base all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI).
Dall’importo della rivalutazione così ottenuto viene poi sottratto il 17%, che rappresenta la tassazione dovuta al Fisco, per determinare la rivalutazione netta.
Come viene tassato il TFR
Il TFR, al netto della rivalutazione già tassata, è soggetto a un particolare regime fiscale noto come “tassazione separata”. Questo significa che non viene tassato insieme al resto del reddito, ma con un sistema specifico.
Infatti, l’aliquota fiscale applicata al TFR non è fissa, ma varia in base alla durata del rapporto di lavoro e all’importo medio dello stipendio percepito negli ultimi cinque anni. In generale, può oscillare tra il 23% e il 43%.
Il processo di tassazione avviene in due fasi:
- tassazione provvisoria (o acconto): al momento dell’erogazione, il datore di lavoro applica un’imposta calcolata in via preliminare;
- tassazione definitiva: successivamente, l’Agenzia delle Entrate ricalcola l’imposta definitiva, e una parte del TFR liquidato potrebbe dover essere versata al Fisco.
È importante ricordare che il TFR viene tassato solo al momento dell’erogazione da parte dell’azienda e non durante gli anni in cui viene accantonato.
Come viene gestito il TFR in azienda
I lavoratori possono scegliere la destinazione del proprio TFR. Le opzioni disponibili sono due:
- lasciare il TFR in azienda: in questo caso, il TFR viene accantonato dal datore di lavoro e rivalutato secondo le modalità previste dalla normativa;
- destinarlo a un fondo pensione: in alternativa, il lavoratore può optare per il trasferimento del TFR al fondo pensione negoziale previsto dal proprio CCNL. In questo caso, esso sarà investito secondo le politiche del fondo selezionato, con l’obiettivo di ottenere un rendimento nel tempo.
Per chi sceglie di lasciare il TFR in azienda, è importante distinguere tra:
- aziende con meno di 50 dipendenti: il TFR viene gestito direttamente dal datore di lavoro, che lo accantona e lo eroga al momento della cessazione del rapporto;
- aziende con 50 o più dipendenti: esso viene versato al Fondo di Tesoreria INPS, seguendo un iter differente. Infatti, il datore di lavoro calcola mensilmente il TFR maturato da ciascun dipendente e lo versa all’INPS tramite modello F24. Al momento della cessazione del rapporto, eroga il TFR al lavoratore e recupera le somme versate all’INPS sotto forma di credito d’imposta.
Il lavoratore può scegliere se lasciare il TFR in azienda o versarlo al fondo pensione entro sei mesi dall’assunzione. Se, al termine di questo periodo, non esprime alcuna preferenza, scatta il meccanismo del “silenzio-assenso” e il TFR viene automaticamente destinato al fondo pensione negoziale previsto dal CCNL di settore (adesione tacita).
Ad esempio, se il lavoratore è assunto in un’impresa cooperativa, in caso di adesione tacita il TFR verrà destinato a Previdenza Cooperativa, in quanto fondo pensione negoziale di riferimento.
Ricordiamo che, anche nel caso in cui inizialmente abbia scelto di lasciare il TFR in azienda, il lavoratore può sempre decidere di destinarlo al fondo pensione negoziale previsto dal proprio CCNL, compilando l’apposito modulo di adesione e consegnandolo al datore di lavoro (adesione esplicita).
Per maggiori dettagli, invitiamo a leggere l’approfondimento Come aderire al Fondo Previdenza Cooperativa.
Come si fa a sapere a quanto ammonta il TFR?
Esistono diversi modi per verificare l’importo del TFR accantonato, così da avere piena consapevolezza di questa componente della retribuzione differita e poter pianificare il proprio futuro in modo più consapevole. Vediamoli di seguito:
- busta paga: nel cedolino mensile sono riportati i dati relativi al TFR maturato e accantonato;
- richiesta al datore di lavoro: è possibile rivolgersi al proprio datore di lavoro o all’ufficio risorse umane per ottenere un estratto conto aggiornato del TFR;
- sito INPS: per i lavoratori di aziende con 50 o più dipendenti, il TFR versato al Fondo di Tesoreria INPS è consultabile accedendo al sito dell’INPS con le proprie credenziali;
- certificazione unica (CU): al TFR è anche dedicata una sezione della certificazione unica che il datore di lavoro deve consegnare al datore di lavoro per la compilazione della dichiarazione dei redditi;
- fondo pensione: se il TFR è stato destinato a un fondo pensione, l’importo è indicato nel “Prospetto delle prestazioni pensionistiche – fase di accumulo”, rilasciato annualmente agli aderenti. In alternativa, è possibile consultare la propria posizione accedendo all’Area Riservata sul sito del fondo.
Quindi, chiunque voglia conoscere il proprio TFR può farlo attraverso diversi canali, a seconda della gestione scelta.
Quando si riceve il TFR
Come visto, il TFR lasciato in azienda viene erogato al termine del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla causa (licenziamento, dimissioni, scadenza di contratto o pensionamento).
Tempi di pagamento
Non esiste un termine di legge fisso per il pagamento del TFR, ma molti CCNL prevedono un limite massimo di 45 giorni dalla cessazione del rapporto.
Anticipo del TFR
Durante il rapporto di lavoro, è possibile richiedere un anticipo del TFR ma solo a determinate condizioni. Infatti, il lavoratore deve avere almeno 8 anni di anzianità nell’azienda e può chiedere un importo pari al massimo al 70% del TFR maturato.
I motivi validi per presentare la richiesta sono tre:
- spese sanitarie per sé o per i familiari;
- acquisto della prima casa (per sé o per i figli);
- spese sostenute durante i periodi di congedo parentale o formativo.
Limitazioni all’anticipo
L’anticipo può essere richiesto una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene concesso solo entro i seguenti limiti:
- può essere concesso ogni anno solo a un massimo il 10% dei dipendenti aventi diritto;
- può essere concesso ogni anno a non oltre il 4% del totale dei lavoratori dell’azienda.
Se l’azienda ha già raggiunto tali soglie, anche un dipendente con i requisiti potrebbe non ottenere l’anticipo richiesto.
Destinare il TFR al fondo pensione: perché conviene
Decidere di far confluire il proprio TFR al fondo pensione negoziale previsto dal CCNL anziché lasciarlo in azienda offre diversi benefici.
I principali sono i seguenti:
- Maggior serenità per il futuro: i contributi versati al fondo pensione hanno l’obiettivo di creare una pensione integrativa a quella pubblica, che spesso non è sufficiente a mantenere lo stesso tenore di vita dopo il pensionamento.
- Contributi del datore di lavoro: se l’aderente versa un contributo a proprio carico in aggiunta al solo TFR, anche minimo, acquisisce il diritto a ottenere anche un ulteriore contributo a carico del datore di lavoro, aumentando quindi il capitale investito.
- Deduzione fiscale dei contributi: tutti i contributi versati al fondo pensione sono deducibili fiscalmente fino a 5.164,57 euro all’anno.
- Vantaggi fiscali: al momento dell’erogazione, il TFR lasciato in azienda è tassato con un’aliquota che varia dal 23% al 43%, mentre quello destinato a un fondo pensione è tassato con un’aliquota che parte dal 15% e può scendere fino al 9%, con un risparmio fiscale significativo.
- Rendimenti potenzialmente maggiori: nel lungo periodo, un fondo pensione può generare rendimenti superiori rispetto alla rivalutazione del TFR lasciato in azienda. Scegliendo un comparto d’investimento adeguato al proprio profilo di rischio ed età, infatti, è possibile ottimizzare la crescita del capitale.
- Flessibilità di accesso ai fondi: anche i fondi pensione negoziali consentono anticipi fino al 75% per motivi specifici (nello specifico per spese sanitarie e acquisto o ristrutturazione della prima casa per sé o i figli). Permettono inoltre di richiedere fino al 30% del montante accumulato anche senza motivazione documentata. Infine, non ci sono limitazioni percentuali per azienda, a differenza di quanto accade per il TFR lasciato in azienda.
- Adesione dei fiscalmente a carico: molti fondi pensione offrono la possibilità, da parte dell’aderente, di iscrivere anche i propri familiari fiscalmente a carico, ad esempio i figli, aiutandoli così a costruire una pensione integrativa fin dalla giovane o giovanissima età, ottimizzando tutti i vantaggi sopra menzionati.
Come visto, dunque, il TFR è una risorsa preziosa, e ogni lavoratore dovrebbe conoscerne le caratteristiche e le opzioni di gestione per scegliere in modo più consapevole come utilizzarlo.
Destinarlo a un fondo pensione negoziale rappresenta spesso la scelta più vantaggiosa per avere una maggior serenità nel futuro, grazie a rendimenti tendenzialmente più elevati, minore tassazione e contributo aggiuntivo del datore di lavoro.
Messaggio promozionale riguardante forme pensionistiche complementari. Prima dell’adesione leggere la Parte I “Le informazioni chiave per l’aderente” e l’Appendice “Informativa sulla sostenibilità” della Nota Informativa.