Il sistema previdenziale italiano si articola su due pilastri: la previdenza pubblica obbligatoria e la previdenza complementare volontaria. Queste forme previdenziali offrono risposte diverse in base alle diverse esigenze, differenziandosi rispetto ai meccanismi di raccolta dei contributi, alla gestione delle risorse e all’erogazione delle pensioni.
Una delle più importanti differenze risiede nel fatto che la previdenza obbligatoria si basa su un sistema a ripartizione, mentre quella complementare segue un modello a capitalizzazione individuale.
Partendo dalla definizione e dal funzionamento di questi due sistemi, nel corso dell’articolo illustreremo le caratteristiche e le differenze di ciascuno. Infine, vedremo perché la previdenza complementare, e in particolare i fondi pensione negoziali come Previdenza Cooperativa, rappresentano una valida risposta alle criticità che interessano il sistema pensionistico di primo pilastro.
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Cos’è il sistema a ripartizione della previdenza obbligatoria
Il sistema a ripartizione della previdenza obbligatoria si basa su quello che, spesso, viene definito “patto tra generazioni”. In pratica, i contributi versati dai lavoratori attivi vengono immediatamente utilizzati per pagare le pensioni di chi è già in pensione.
Questo meccanismo genera:
- un flusso contabile che accredita i contributi, fondamentali per il calcolo dell’assegno pensionistico futuro;
- un flusso finanziario che trasferisce le risorse dai lavoratori ai pensionati.
Dal punto di vista contabile, l’INPS registra i contributi versati, ma finanziariamente non esiste un fondo in cui tali somme vengono accantonate e investite per garantire la pensione futura di ciascun lavoratore. Semplificando, potremmo dire che con questo sistema ogni generazione di lavoratori “finanzia” le pensioni della generazione precedente.
Questo meccanismo, tuttavia, funziona solo se il numero di lavoratori è congruo rispetto ai pensionati. Se ci sono pochi lavoratori e molti pensionati, esso rischia di diventare insostenibile. Per questo, l’equilibrio demografico – ovvero il rapporto tra chi lavora e chi è in pensione – è essenziale per il buon funzionamento del sistema.
Tuttavia, con l’invecchiamento progressivo della popolazione e il calo delle nascite, ovvero la situazione attuale e futura dell’Italia, il sistema a ripartizione evidenzia tutte le sue criticità. Ciò porta a continue riforme, il cui effetto principale è duplice: l’aumento dell’età pensionabile per effetto dell’aumento della speranza di vita, da un lato, e la riduzione dell’assegno pensionistico in rapporto all’ultima retribuzione, dall’altro.
In merito a quest’ultimo punto, consigliamo di leggere il nostro articolo dedicato al tema del cosiddetto tasso di sostituzione.
Cos’è il sistema a capitalizzazione individuale della previdenza complementare?
Il sistema a capitalizzazione individuale adottato dalla previdenza complementare si distingue nettamente dal sistema a ripartizione della previdenza pubblica. In questo modello, chi sceglie di aderire a una forma di previdenza complementare, come un fondo pensione negoziale, versa i contributi su un conto personale.
I fondi raccolti vengono poi investiti da soggetti altamente qualificati (i gestori finanziari) in diversi strumenti – come azioni, obbligazioni e titoli di Stato – così da generare, nel tempo, un rendimento.
A differenza del sistema a ripartizione, dunque, con il sistema a capitalizzazione individuale i contributi versati sono destinati esclusivamente alla persona che li ha accantonati e non vengono impiegati per finanziare le pensioni integrative di altri.
Quando l’aderente raggiunge l’età del pensionamento, avrà accesso al capitale accumulato, comprensivo dei rendimenti ottenuti dagli investimenti, al netto di costi e imposte e delle eventuali prestazioni richieste prima del pensionamento (se non reintegrate). L’importo della pensione complementare, erogata in forma di capitale o di rendita periodica, dipenderà dall’ammontare dei versamenti e dalle performance del fondo pensione nel tempo.
In sintesi, con il sistema a capitalizzazione individuale, ogni persona costruisce la propria pensione futura in modo indipendente, senza essere influenzata dal numero di lavoratori o pensionati presenti al momento del pensionamento.
Ripartizione e capitalizzazione individuale: quali sono le differenze?
Per chiarire meglio la differenza tra sistema a ripartizione e a capitalizzazione individuale, riportiamo di seguito uno schema di confronto sulla base delle caratteristiche di ognuno.
Caratteristica | Ripartizione | Capitalizzazione individuale |
Funzionamento | I contributi dei lavoratori attuali finanziano le pensioni dei pensionati attuali. | I contributi dell’aderente vengono accantonati su un conto individuale e investiti. |
Beneficiari | Le persone attualmente in pensione. | L’aderente stesso. |
Fondi | Non esiste un conto finanziario individuale: i contributi sono subito usati per pagare le pensioni. | Il lavoratore ha un conto individuale dove si accumulano i suoi contributi e i rendimenti. |
Rischio demografico | Elevato: il sistema dipende dall’equilibrio tra lavoratori e pensionati. | Basso: ogni lavoratore accumula il proprio capitale, senza dipendere da altri soggetti. |
Importo della pensione | Determinato in base a diversi sistemi di calcolo, con il progressivo passaggio dal retributivo (l’importo della pensione è legato alle ultime retribuzioni percepite prima del pensionamento) al contributivo (si basa sui contributi effettivamente versati dal lavoratore nel corso degli anni). | Dipende dai contributi versati e dai rendimenti ottenuti, al netto di costi, imposte ed eventuali prestazioni precedenti al pensionamento erogate e non reintegrate. |
Gestione | Gestito dallo Stato o dagli enti previdenziali. | Gestito da fondi pensione, banche o assicurazioni. |
Obiettivo | Sostenere i pensionati con i contributi dei lavoratori attuali. | Accumulare capitale per erogare in futuro una pensione integrativa rispetto a quella pubblica. |
In sintesi, il sistema a ripartizione si fonda sulla solidarietà intergenerazionale, mentre quello a capitalizzazione individuale si basa sull’accumulo personale di capitale e sul suo investimento nel tempo.
Inverno demografico e invecchiamento della popolazione: la risposta dei fondi pensione
Il confronto appena delineato evidenzia come la previdenza complementare rappresenti una risposta efficace alle problematiche demografiche dell’Italia, caratterizzata da un inesorabile invecchiamento della popolazione e da un costante calo delle nascite.
Affiancare una forma di previdenza complementare, di secondo pilastro, a quella obbligatoria, di primo, diventa quindi una scelta sempre più imprescindibile per proteggere il proprio tenore di vita futuro e prevenire difficoltà finanziarie dovute a un assegno pensionistico pubblico che potrebbe diventare sempre più esiguo.
Tra le diverse opzioni a disposizione, i fondi pensione negoziali offrono vantaggi ulteriori rispetto ad altre forme di previdenza complementare, come i fondi aperti e i PIP:
- è possibile destinare il proprio TFR al fondo pensione, anziché lasciarlo in azienda, beneficiando di rendimenti che, nel lungo periodo, tendono a essere superiori rispetto alla rivalutazione del TFR in azienda;
- con una contribuzione mensile minima da parte dell’aderente, si può attivare una contribuzione aggiuntiva da parte del datore di lavoro, che nel tempo porta a un accumulo significativo di capitale;
- i costi applicati sono molto contenuti, poiché i fondi negoziali, come Previdenza Cooperativa, sono istituiti senza fini di lucro e operano esclusivamente nell’interesse degli aderenti.
Oltre a questi vantaggi, si aggiungono i benefici fiscali e finanziari validi per tutte le forme di previdenza complementare. Pertanto, scegliere il fondo negoziale previsto dal proprio CCNL risulta essere la soluzione più conveniente quando si pianifica una pensione integrativa.
Per approfondire, invitiamo a leggere anche il nostro articolo Quanto si versa al fondo pensione negoziale?.
Messaggio promozionale riguardante forme pensionistiche complementari. Prima dell’adesione leggere la Parte I “Le informazioni chiave per l’aderente” e l’Appendice “Informativa sulla sostenibilità” della Nota Informativa.